3 dicembre 2003
di Almerico
Di Meglio
Napoli ieri è divenuta la capitale della pace. È nella città «mediterranea per
definizione» - come l’ha definita il presidente del Parlamento europeo, Pat Cox
- ospite della sesta Conferenza Euromediterranea, che l’Europa e i Paesi della
sponda sud del Mare Nostrum cercano di rilanciare il processo negoziale
israelo-palestinese. Lo testimoniano gli incontri di Frattini con Nabil
Shaathl, di Javier Solana con Silvan Shalom, e quello che si svolgerà oggi tra
Shalom e Ahmed Maher. Ma si valutano anche, ai margini del vertice, prospettive
e conseguenze di un eventuale impiego Nato in Iraq, come del ”rush” finale
della Conferenza intergovernativa sull’eurocostituzione. Dopo il conclave a
Napoli dei ministri degli esteri Ue, che ha segnato sensibili passi avanti,
Frattini ha assicurato che il 12 e 13 dicembre a Bruxelles «non ci saranno
vertici segreti, tutto avverrà alla luce del sole, e questo è importante». E
Cox ancora una volta ha ribadito il sostanziale sostegno dell’europarlamento
alla bozza elaborata dalla Convenzione, preannunciando l’impegno dell’Assemblea
di Strasburgo perché venga approvata entro questo semestre di presidenza
italiana dell’Unione.
Non solo, Napoli è da ieri
potenzialmente la capitale di un Mediterraneo tornato, dopo cinque secoli,
centro strategico del pianeta. Lo è divenuta politicamente e moralmente perché
s’è trasformata in un ponte ideale tra i Paesi che si affacciano sul Mare
Nostrum, i quali già dal prossimo anno potranno contare su di un’Assemblea
parlamentare euromediterranea. È durata tre anni la tormentata sua gestazione
«ma oggi - ha esclamato Cox - abbiamo costruito un pezzo di storia moderna». La
proclamazione dei delegati dei parlamenti dell’Unione europea e dei
rappresentanti dei dodici Paesi della sponda sud associati all’Ue dall’Euromed
(Marocco Algeria, Tunisia, Egitto, Israele, Anp, Libano, Siria, Giordania,
Turchia, nonché Malta e Cipro tra poco nell’Ue) verrà ratificata stamattina dai
ministri degli Esteri. Ne faran parte 240 deputati, 120 del Sud e altrettanti
del Nord (45 espressione del parlamento europeo e 75 dei parlamenti nazionali).
Si riunirà almeno una volta all’anno. In Grecia la prima volta, entro maggio.
Poi sarà forse ”itinerante” come l’Assemblea Ue-Acp (Africa-Caraibi-Pacifico).
L’Assemblea Euromed avrà - né potrebbe essere altrimenti - poteri consultivi.
Per ora. Ma la sua importanza, in prospettiva, la si è colta dalle parole del
presidente della Camera del Marocco, Abdelawahad Radi, presidente di turno
delle delegazioni dei Paesi nord-africani e mediorientali e, quindi,
co-presidente assieme a Cox della riunione al Maschio Angioino: «Voi europei
nel ventunesimo secolo avete relizzato il sogno della pace e della
riunificazione in tutto il vostro continente. Questo sogno vogliamo ora
realizzare anche noi».
Napoli capitale del dialogo. Ma
forse lo sarà anche dello sviluppo economico di un’area che va dal Marocco alla
Siria, potenzialmente ricca, ma dove 350 milioni di persone - in gran
maggioranza giovani - dispone di un quattordicesimo della ricchezza degli
abitanti della sponda settentrionale e vanta una sola democrazia compiuta,
l’israeliana. Lo sviluppo economico - lo ha ribadito Frattini - resta un’arma
insostituibile nella lotta al terrorismo. Come all’immigrazione clandestina, al
fanatismo etnico e religioso, ai regimi autoritari o dispotici.
Comporta democratizzazione e
stabilità. È il motivo che spingerà forse nel 2006 all’istituzione della Banca
euromediterranea.
La riunione ministeriale
Euromed annuncerà, inoltre, la nascita della Fondazione euromediterranea per il
dialogo tra culture e civiltà», volàno dello scambio culturale nel bacino del
Mare Nostrum. L’Italia la vorrebbe a Roma, l’Egitto ad Alessandria, Cipro a
Nicosia, Malta a La Valletta (Cox suggerisce la città partenopea, nella
Fondazione laboratorio Mediterraneo).
Oggi da Napoli verrà lanciato - ha preannunciato Frattini - «un messaggio che
arrivi ai popoli» per «ridare slancio» al dialogo, che «contribuisce
moltissimo» alla guerra planetaria contro il fondamentalismo. «Si sente il
bisogno», ha sottolineato il capo della Farnesina, di operare perché «le due
sponde lavorino insieme alla realizzazione di uno spazio di sviluppo e
stabilità: solo un grande tessuto di dialogo può convincere tutti i Paesi del
Mediterraneo che il terrorismo è un nemico comune, non solo di noi europei ma
anche dei Paesi arabi». «Siamo sfidati dai terroristi, nemici della pace e
della democrazia - ha aggiunto - ed abbiamo il dovere di rispondere in modo
positivo a questa sfida. Eccoci allora qui riuniti ad affrontare quella che mi
piace definire la sfida di Napoli».